Era il XVI secolo quando alcune importanti famiglie venete
fecero realizzare, lungo le vie d'acqua del Polesine, maestose dimore che, con
i loro eleganti portici, le imponenti scalinate e le grandi finestre,
decorarono come "gioielli" tutta la campagna circostante. Prestigiose
residenze che hanno aperto le loro porte alle telecamere di "Paesi che
vai", programma che gode del Patrocinio del MIBACT.
Domenica 29 dicembre, alle 9.40 su Rai1, i telespettatori sono
stati guidati da Livio Leonardi nella scoperta di queste Ville e delle nobili
famiglie che le hanno abitate. Residenze edificate dai più grandi e
rappresentativi architetti del tempo. Tra questi, il celebre Andrea Palladio,
che ha lasciato in eredità una delle Ville più belle di questo territorio:
Villa Badoer. Ma non solo: si scopriranno anche i segreti di Villa Morosini, di
Villa Dolfin Marchiori e dei suoi illustri ospiti, mentre nei giardini di Villa
Nani Mocenigo si incontrerà la "Principessa triste", che ha dato
luogo ad una antica e suggestiva leggenda. Storie e atmosfere ricostruite, come
in una fiction storica, da personaggi in costume d'epoca.
Oltre alle Ville di Fratta, Lendinara, Polesella, Canda, all’inizio
e alla fine si ammirerà anche la “Piazza Grande” di Rovigo, con la sua loggia, torre
dell’orologio, il monumento a Vittorio Emanuele II, la colonna con il Leone,
simbolo della Serenissima Repubblica di Venezia. In risalto la bellezza della
Chiesa della Beata Vergine del Soccorso, nota come "Rotonda" di
Rovigo. Un edificio religioso, che custodisce un ritratto della Madonna davvero
miracoloso. Mentre dalla maestosa torre Donà del Castello di Rovigo si potrà
ammirare la parte storica e dei suoi palazzi dall’alto.
Livio Leonardi si spingerà, poi, sulle rive del Polesine,
per scoprire un'eccellenza di questo territorio: la famosa Ostrica rosa. E non
mancherà, infine, uno sguardo ai sontuosi panorami del Parco del Delta del Po,
un vero e proprio mosaico di ecosistemi, dove la natura regna sovrana.
In questa parte del programma, identificata con il logo di Paesi
che vai … “Eccellenze … che trovi – Sapori tinti di Rosa”, i protagonisti sono
stati i coltivatori e produttori di mitili della Sacca di Scardovari, la laguna
deltizia che si estende per 3.200 ettari tra il Po di Tolle e il Po di
Donzella. Qui i pescatori allevano prodotti di eccellenza che arricchiscono le
offerte agroalimentari regionali: le vongole veraci, le ostriche rosa e le
cozze Dop. Un marchio di tutela giuridica attribuito dall’unione europea.
Infine, la ciliegina finale di Paese che vai … “Natura … che
trovi”, “Tesori del Delta del Po”, protagonista lo scrittore Gianni Vidali ed
il suo libro “L’Argine Racconta”, naturalmente con le immagini delle enormi
distese d’acqua, degli aironi, dei fenicotteri e di altre specie di fauna
acquatica. Visita nell’Isola di Scanno Boa, Isola dei Gabbiani, Isola della
Batteria, sommersa a causa della subsidenza causata principalmente dall’estrazione
del metano.
IL PO A PONTELAGOSCURO (FE) – SANTA MARIA MADDALENA (RO),
NEL VIDEO DE “LA NUOVA FERRARA”
Pubblicato oggi 27
nov 2019 in YouTube
La piena vista da vicino. Riprese eseguite in barca nel
flusso del Po che sta attraversando Ferrara in queste ore, ingrossato dalle
piogge dei giorni scorsi, con una portata d'acqua tra le più copiose degli
ultimi anni. Invasa la sede della società sportiva Canottieri, a
Pontelagoscuro, una barca semisommersa e infine la veduta maestosa, ad
orizzonte, di un fiume che ha già causato le prime evacuazioni di residenti in
golena (video di Filippo Rubin)
Il video che segue è stato composto con foto di Diego Chini,
Daniela Fabbri, Daniel Viviani, Daniela Simone Pasini, pubblicate nella pagina
FB @delta del Po in questi ultimi mesi. Nel finale abbiamo inserito alcune
immagini estratte da video del nostro repertorio.
Il tema è dedicato al sole ed ai colori del tramonto e
dell’alba che nel Delta del Po assumono svariate sfumature, specialmente quando
il sole si rispecchia nelle lagune formate dall’acqua del mare e da quella del
fiume. Nelle lagune del Delta c’è vita e si svolge l’attività della pesca in
tutte le sue forme, compresa quella della coltivazione di vongole, cozze ed
ostriche, come fossero orti di terra.
Non è banale l’attività degli amici che si dedicano a questo
tipo di fotografia considerando che il sole e l’acqua sono la fonte della vita
di tutti gli esseri viventi terrestri e acquatici: in primo luogo,
naturalmente, l’uomo. Il sole, così lontano, ma tanto vicino, fa crescere le
piante che ci danno il cibo, ci dà l’energia per il funzionamento delle
tecnologie e riscalda le nostre abitazioni.
In altri video abbiamo dato risalto a tutte le forme di vita
di questo meraviglioso territorio. Una delle aree umide di acqua più vaste
d’Europa che bisogna preservare e proteggere, creata dal fiume, e dall'opera
dell'uomo che nei secoli ne ha regimentato le acque, bonificato i terreni e
creato insediamenti. È un’area dove natura, storia, tradizione, cultura, arte
ed “economia” si intrecciano e compendiano. È patrimonio dell’umanità ed è
nell’elenco Unesco delle “Riserve Mondiali delle Biosfera”, dalla foce
dell’Adige, in Veneto, alla foce del Reno, in Emilia-Romagna: il Delta “attivo”
e il Delta “storico” con le medesime caratteristiche. Pino Schiesari
È un video pubblicato in YouTube nel canale “Mi Ricordo il
Delta” a questo indirizzo: https://youtu.be/I9-xNrN9ERI
che ho trasformato in formato 16:9, che rispetto al formato 4:3 originale è più
adatto agli schermi TV odierni. Con l’occasione ho anche messo un pochino di
colore. Il video scaricato è stato ottenuto da una pellicola restaurata nel
1998 e trasmessa da RAI SAT CINEMA.
DUE ITALIE
Prima e dopo il 1951, e per molti anni ancora, la
popolazione viveva in due Italie, quella delle città e quella delle periferie,
nelle quali mancavano i principali servizi, come quello degli acquedotti e di
case sane. Ma nel Delta del Po, la situazione era ancora più grave, dove le
malattie del tifo e della tbc dipendevano anche dall'insalubrità delle paludi
causate dalle frequenti alluvioni del PO. Ci son voluti alcuni decenni per
debellare le malattie e sconfiggere la miseria, grazie anche alle grandi opere
di bonifica ed alla riforma agraria che hanno creato migliori condizioni di
vita anche nel Delta del Po. Nel video che segue una testimonianza di quel
tempo. Protagonisti di questo film-documentario gli abitanti di Scardovari,
Gorino e Goro.
Quella che segue è la presentazione del video originale in
YouTube.
“È uno dei 36 cortometraggi realizzati dal ferrarese F.
Vancini (1926) nel decennio 1949-59 e uno dei 3 (con Alluvione e Uomini della
pianura) prodotti dalla Camera Confederale del Lavoro di Ferrara cui facevano
capo altri giovani intellettuali della zona: Benedetto Ghiglia, Adolfo Baruffi,
Massimo Felisatti, Fabio Pittorru e il pittore Carlo Rambaldi (alias Caramba).
Girato tra Goro, Gorino e Scardovari, racconta, in cadenze di un documentario
aperto alla fiction, la miseria di trecentomila italiani che vivevano ai
margini delle terre più fertili del Nordest nella morta gora dell'inerzia
provocata dalla disoccupazione, alle prese con le arcaiche condizioni di
coabitazione e di igiene, la sottoalimentazione, le malattie (tifo,
tubercolosi), l'esasperata attesa di una bonifica. Si sentono nel giovane
Vancini le influenze di Flaherty, Visconti (La terra trema), Rossellini
(l'ultimo episodio di Paisà), del cinema sovietico con qualche concessione alla
retorica populista. Musica di Benedetto Ghiglia con canti popolari. Commento di
Vittorio Passerini detto da Arnaldo Foà e Goliarda Sapienza. Da mettere accanto
a Gente del Po (1943-47) di M. Antonioni (anche se i due titoli potrebbero
essere scambiati) e a Quando il Po è dolce (1951) di R. Renzi e G.B. Cavallaro.”
È il Delta visibile dall’alto. Immagini che sembrano disegni
sull’acqua. Sembrano un altro mondo senza vita ed invece, scendendo a terra, ci
sono strade, case, ponti ed alti argini per contenere le acque dei vari rami del
PO. A mare ci sono spiagge gioiello frequentatissime e spiagge ancora
incontaminate. Sulla costa pinete e rigogliosa vegetazione.
È una delle aree umide di acqua più vaste d’Europa che
bisogna preservare e proteggere, creata dal fiume, e dall'opera dell'uomo che
nei secoli ne ha regimentato le acque, bonificato i terreni e creato
insediamenti. È un’area dove natura, storia, tradizione, cultura, arte ed
“economia” si intrecciano e compendiano. Il 9 giugno 2015 l’Unesco ha inserito il
Delta del PO nell’elenco delle “Riserve Mondiali delle Biosfera”, dalla foce
dell’Adige, in Veneto, alla foce del Reno, in Emilia-Romagna: il Delta “attivo”
e il Delta “storico” con le medesime caratteristiche.
POLESINE CAMERINI PORTO TOLLE (RO),
UN’ISOLA NELLA PUNTA DEL
DELTA DEL PO
“Parlare di Polesine Camerini come di una semplice frazione
è abbastanza riduttivo; si tratta di una intera isola che, fino agli anni '50,
contava, oltre all'omonimo abitato principale, anche diverse borgate di
rilievo.
Lungo il Po di Tolle c'era Schiavon con la scuola, un forno
e l'osteria, Busazza, Pellestrina e Forti, lungo il Po di Pila c'erano Ocaro
con la scuola e l'osteria (oggi rinomato ristorante di specialità locali) e
Pila di Polesine Camerini con la centrale del metano.
L'Isola di Polesine Camerini nasce all'incirca nel 1759
quando il Po di Tolle si sdoppia originando il Po di Pila e l'apporto di detriti
dà vita a canneti, paludi e valli da pesca. In una mappa del 1798 l'isola è
divisa in quattro zone: Polesine Ocaro (Ca' Viviani), Polesine Baiocchi, Ca'
Mandrini e, forse, Busazza.
Nel 1859 gli austriaci erigono due fortezze sull'estuario
del Canarin e presso Forti: si voleva impedire a navi nemiche di risalire i due
rami navigabili del Po, intanto, tra il 1836 e il 1878 i Camerini acquistano
l'isola con l'esclusione di Pellestrina e Forti. Del 1886 è la costruzione del
grande palazzo padronale, tuttora esistente, delle stalle, dei magazzini e
della vasta aia.
Inizia lo sfruttamento agricolo dell'isola che chiama
braccianti da altri paesi. Una grave piaga, oltre alle malattie dovute alla
precarietà delle condizioni di vita, erano le alluvioni: ben 16 tra il 1879 ed
il 1966. Nel 1907 i Camerini costruiscono una idrovora a vapore e scavano
canali d'irrigazione: l'agricoltura, allora soprattutto come risaie, iniziò a
prendere il sopravvento sulle altre attività tradizionali quali la pesca e la
caccia.
Quando negli anni '50 si profilò la riforma agraria, i duchi
Camerini iniziarono a vendere le terre per costruire case ma dal 1952 l'Ente
Riforma inizia ad espropriare i terreni per distribuirli ai contadini. Nel 1954
il paese dispone della chiesa, completa di campanile, dell'asilo, del teatro
sociale, del campo sportivo e della piazza. È da ricordare che dopo l'ultima
alluvione, nell'ambito dei lavori di ristrutturazione della piazza, era
prevista l'istallazione di un monumento ma gli abitanti, visti i bozzetti, lo
rifiutarono finanziando autonomamente l'attuale monumento ai caduti.
Fino a quarant'anni fa, l'isola era collegata al resto del
Comune da un traghetto e da barche, nel 1957 fu aperto un ponte che però, dopo
poco tempo si incrinò. Fu approntato allora un ponte provvisorio di barche e
quindi fu costruito l'attuale ponte.”
(http://www.comune.portotolle.ro.it/web/portotolle/)
Nel 1973 l'ENEL iniziò la costruzione della centrale
termoelettrica, l'impianto sorge sulla riva destra del Po di Pila su un'area di
205 ettari.L’impianto ha cessato le
attività di produzione il 1° gennaio 2015.
Il 28 giugno, nella sede della Regione Veneto a Venezia è
stato firmato il preliminare di vendita tra Enel e Human Company relativo all’
area, che diverrà un “VILLAGGIO TURISTICO” CON IL NOME DI “DELTA FARM” (vedasi
il nostro post del 1° luglio 2019 e le notizie di stampa).
Nel video immagini ottenute da Google Earth e da video
pubblicati in Youtube da @Damiano Salvatico e @Ermanno Marangon, fra queste
quelle del Ristorante “Canarin”, vicinissimo all’ex Centrale.
Anche Enel ha pubblicato un video in YouTube dal titolo “La
centrale di Porto Tolle vista dal drone”
VISITA VIRTUALE NELL'ISOLA DI ARIANO
Non più paludi, ma un territorio compreso fra imponenti
arginature che costringono le acque del Po in tre dei cinque principali rami:
il Po di Venezia, il Po di Goro e il Po di Gnocca. Tre i Comuni nell’Isola:
ARIANO, dal quale prende il nome l’Isola; TAGLIO DI PO, che ha preso il nome
dall’imponente opera del 1604 della Serenissima Repubblica di Venezia e
CORBOLA, che richiama una antica misura di terra, necessaria per seminarvi una
“corba” (cesta) di grano. Un piccolo tratto ad est, tra le foci del Po di Goro
e di Gnocca è sul Mare Adriatico. La superficie complessiva attuale supera i
178 km quadrati; prima del 1600 la superficie era poco più di 36 km quadrati.
Nel 2017, nell’Isola vivevano circa 15.000 persone, ma nel
1936 erano più del doppio; facile intuire il motivo, anzi i motivi, comuni al
resto del Delta del Po e del Polesine.
Il territorio fa parte del Delta del Po, del Parco Veneto
omonimo e del più ampio territorio costituito dalla “Riserva di Biosfera Delta
del Po” Unesco. La parte sud/ovest è lunga circa 45 km. da Santa Maria in punta
a Bacucco, si estende per tutta la lunghezza del Po di Goro, il quale è anche
confine tra le Regioni Veneto ed Emilia-Romagna.
PONTI: a garantire il collegamento con il resto della
provincia di Rovigo e con la provincia di Ferrara i seguenti ponti. Sulla SR
495 il ponte che collega il territorio di Adria ed attraversa il Po di Venezia
lungo 1015 metri. Sulla medesima direttrice, il ponte che attraversa il Po di
Goro nei pressi di Ariano, oltre al vecchio ponte che assicura il collegamento
fra Ariano Polesine ed Ariano Ferrarese. Sulla Statale Romea SS 309 il ponte
fra Porto Viro e Taglio di Po che attraversa il Po di Venezia lungo 1139 metri;
sulla stessa direttrice, fra Rivà d’Ariano (RO) e Mesola (FE) il ponte che
attraversa il Po di Goro. Il collegamento fra l’Isola di Ariano e l’Isola della
Donzella, la maggiore fra le tre del Comune di Porto Tolle, è assicurato dal
ponte che attraversa il Po di Gnocca o della Donzella, nei pressi di Cà
Tiepolo, sede del Comune di Porto Tolle. Ma i ponti più caratteristici sono
quelli nell’estremo Delta, i ponti di barche: quello di Santa Giulia sul Po di
Gnocca e quello di Gorino sul Po di Goro.
Dal punto di vista idrogeologico sono presenti e ancora
visibili dei paleo-alvei, antichi alvei del fiume Po abbandonati, inglobati nei
fertili terreni circostanti. A testimonianza della giovinezza del territorio i
terreni sono torbosi e diventano più sabbiosi man mano che ci si avvicina al
mare. Sono ancora visibili, sopravvissute a dissennate attività di cava, alcune
dune fossili, testimoni dell'antico confine col mare, formatesi più di 2.000
anni fa.
Sino alla costruzione delle grandi arginature nel XX secolo
l'isola è sempre stata soggetta ad alluvioni sin dai tempi antichi. L'isola di
Ariano non è stata coinvolta nell'alluvione del 1951; ha tuttavia subito in
anni recenti due alluvioni, entrambe dovute alla rottura dell'argine sul Po di
Goro:
il 20 giugno 1957, la rotta in località Ca' Vendramin allagò
circa 7.700 ettari;
il 2 novembre 1960, la rotta in località Rivà allagò circa
800 ettari.
Il video che segue è opera mia, montato con foto e spezzoni
di miei precedenti video, cartine ed immagini tratte da Google Earth.
Purtroppo, per contenere i tempi di visualizzazione, ho omesso molte immagini,
ma ho voluto dare risalto al Museo della Bonifica di Cà Vendramin e al sito di
San Basilio, il primo quale testimonianza dell’immensa opera dell’uomo; il
secondo per testimoniare che anche i territori del Polesine hanno “Storia” e
passato al pari di altri territori molto più conosciuti e blasonati.
DAL DELTA A MELARA LUNGO IL PO NEL POLESINE
Una esercitazione grafica con GOOGLE EARTH
Google Earth è un software che genera immagini virtuali
della Terra utilizzando immagini satellitari ottenute dal telerilevamento
terrestre, fotografie aeree e dati topografici memorizzati in una piattaforma
GIS. Il programma è distribuito gratuitamente dalla società Google.
I testi che descrivono i luoghi sono nel Portale Ufficiale
del Turismo della Provincia di Rovigo:
http://polesineterratraduefiumi.it/pa...
I COMUNI NEL DELTA (in ordine alfabetico)
Adria - Ariano nel Polesine – Corbola – Loreo – Papozze -
Porto Tolle - Porto Viro – Rosolina - Taglio di Po
I COMUNI LUNGO LA RIVA SINISTRA DEL PO (in ordine
alfabetico)
Scene estratte dal film del polesano Maurizio Burgato di
Porto Tolle (RO), dal titolo “DALLA GNOCCA IN GIÙ”, condiviso in Youtube in due
parti dallo stesso autore nella sua pagina. Le due parti, complessivamente,
hanno una durata di 108 minuti, mentre l’estratto dura 37 minuti. La voce fuori
campo è in DIALETTO, ad eccezione delle scene riguardanti l’alluvione del 1966.
Le due parti del film originale risultano prodotte e
trasmesse da “DìLucca” - la TV lucchese – canale 89 sul Digitale Terrestre, con
il logo “I CORTI DI CORTE” – FEDIC (Federazione Italiana dei
Cineclub).
Per chi
volesse guardare o condividere questi gli indirizzi in YouTube:
“Il film è la
rievocazione storica della vita della gente che viveva lungo il Po, da Gnocca a
Santa Giulia del Comune di Porto Tolle, nel periodo che va dal 1927 ai primi
anni ’70. Il protagonista è una voce fuori campo che racconta la sua vita; i
ricordi gli tornano alla mente guardando vecchie foto e su queste immagini
ripercorre tutta la sua vita a partire dalle storie sentite dal nonno. Il film
è un omaggio ai nostri nonni e a tutto il nostro passato.”
Le avvertenze finali: “L’abbinamento delle
immagini ai commenti non ha alcun riferimento a persone o vicende realmente
accadute. I testi sono di Burgato Maurizio liberamente tratti da poesie, per lo
più dialettali venete.”
****
L'immagine di anteprima, presente nel video, è stata
riportata da una foto del 1927 e raffigura la via centrale di Santa Giulia. Molte di queste
abitazioni sono state distrutte nel 1948 durante una manifestazione per
chiedere abitazioni più salutari.
L’EX CENTRALE DI PORTO TOLLE – ROVIGO SARÀ VILLAGGIO
TURISTICO
CON IL NOME DI “DELTA FARM”
Il 28 giugno, nella sede della Regione Veneto a Venezia è
stato firmato il preliminare di vendita tra Enel e Human Company relativo all’
area dove sorge l’ex Centrale Enel di Porto Tolle.
Human Company ha vinto il concorso di progettazione bandito
dall'Enel nell'ambito del programma Futur-e per riqualificare 23 centrali
elettriche in Italia, una delle quali è quella di Porto Tolle (RO) nel Parco
Regionale Veneto del Delta del Po, dove il fiume Po raggiunge il mare Adriatico
con i suoi cinque rami principali e altri secondari, Patrimonio dell’Umanità
Unesco e principale area della Riserva della Biosfera Delta del Po.
Human Company è il gruppo toscano specializzato nel campo
del turismo outdoor e non solo, con campeggi, villaggi turistici e ostelli all’avanguardia,
in Italia e in Europa. È leader nel settore della ricettività all’aria aperta.
NEL VIDEO DI HUMAN-CORRIERE
I PARTICOLARI DEL PROGETTO (LE SPIEGAZIONI SONO IN LINGUA INGLESE)
L’apertura è prevista per la stagione turistica del 2023, perché
prima l’ENEL deve smantellare la vecchia centrale e bonificare i terreni;
sembra che l’Enel spenderà una trentina milioni per l’operazione, ma ricaverà 3,5
milioni per la vendita dei terreni (117 Ha dei quali 20 di boschi).
Human Company investirà complessivamente 60 milioni per fare
aree destinate all'ospitalità open air (piazzole, case mobili), un centro
sportivo multifunzionale, spazi per il benessere (percorsi, esperienze
sensoriali e allenamenti rigeneranti). Previsto anche un centro visite per
valorizzare le eccellenze ambientali e paesaggistiche e uno per lo sviluppo
delle produzioni ittiche e agricole tipiche, affiancati da bar e ristoranti con
specialità locali. Stimata una presenza media di ottomila turisti al giorno ed
il lavoro per circa 400 persone; speriamo sia proprio vero, significherebbe il
recupero ed oltre dell’occupazione del tempo della Centrale termoelettrica
attiva, con ricadute economiche positive per tutto il Polesine.
IMMAGINI ESTRATTE DAL VIDEO
Il Delta attivo, un’area che comprende a nord il Po di
Maistra (il Po di Levante, essendo regolamentato dalla chiusa di Volta Grimana,
non può più dirsi veramente ramo attivo); a sud si diramano il Po Piccolo o di
Goro, il Po della Donzella o Gnocca e il Po delle Tolle. Nella parte terminale
il Po di Venezia viene chiamato Po di Pila che a sua volta si divide in Busa di
Tramontana a nord e in Busa di Scirocco a sud; nella cuspide verso il mare il
Po si chiama Busa Dritta e sfocia a Punta Maistra, dove c'è il Faro di Pila; quasi
di fronte, sulla sponda destra, la vecchia centrale Enel, con la sua grande
ciminiera, “l'edificio non in acciaio più alto del Paese”, che sarà
riconvertito ad uso turistico e di riferimento per i naviganti.
La più vasta e bella zona umida d’Italia e d’Europa, prodotta dall’azione costruttrice del Grande Fiume al suo incontro col mare Adriatico e della tenace lotta dell’uomo contro l’acqua. Il territorio comprende i cinque rami attivi della foce del Po, per un’estensione di 786 Km. quadrati. Terra giovane e in continua trasformazione, raro esempio di commistione di ambienti, regno incontrastato per un’infinita varietà di flora e fauna. Luogo magico e poetico con i suoi suggestivi paesaggi tra TERRA, ACQUA E CIELO; UN PARADISO ANCORA TUTTO DA SCOPRIRE.
Il Post che presentiamo oggi è pubblicato nel blogspot “DELTA-PO”
e contiene il video “SUL DELTA DEL PO”, trasmesso da RAI 3 in occasione della
trasmissione del programma di “Ulisse, il piacere della scoperta, le meraviglie
del Veneto”, condotto da Alberto Angela. Il sito, in ambiente Google, contiene i
migliori video pubblicati in questa pagina FB.
Nel post abbiamo aggiunto testi ed immagini sull’origine ed
evoluzione dell’attuale territorio deltizio, che può ricondursi
orientativamente a 30.000 anni prima di Cristo, quando la linea di costa
cominciò a protendersi verso il mare. Tra la fine dell’Età del Bronzo (X secolo
a.C.) e l’inizio dell’Età del Ferro la linea di costa era pressoché rettilinea
e il Po defluiva in mare principalmente per due rami, il Po di Adria e il Po di
Spina. L’evoluzione e la modificazione dei vari rami del Delta è visibile nelle
varie cartografie estratte da pubblicazioni del Consorzio di Bonifica Delta del
Po.
L’origine dell’attuale territorio deltizio può ricondursi
orientativamente al 30.000 a.C., quando la linea di costa cominciò a protendersi
verso il mare.
Tra la fine dell’Età del Bronzo (X secolo a.C.) e l’inizio
dell’Età del Ferro la linea di costa era pressoché rettilinea e il Po defluiva
in mare principalmente per due rami, il Po di Adria e il Po di Spina (Figura
7).
Figura 7: La rete idrografica verso la fine dell’Età
del Bronzo (Bondesan, 1990)
Durante l’Età Etrusca (VI-IV secolo a.C.), mentre il Po di
Adria aveva una diramazione rivolta verso nord-est, chiamata Po delle Fornaci,
che portava le acque del Po a mescolarsi con quelle dell’Adige, il Po di Spina
si divideva, verso lo sbocco in mare, in due rami, l’Olana (l’attuale Po di
Volano) ed il Padoa (Biondani, 2008; Figura 8). Col passare del tempo, mentre
il Po di Adria era destinato ad interrarsi, il Po di Spina prevaleva su di
esso: fino all’Alto Medioevo questa era un’area destinata ad una complessa
evoluzione, in cui gli unici fattori erano quelli naturali e non antropici.
Figura 8: La rete idrografica durante l’età etrusca
(Bondesan, 1990)
Nel Basso Medioevo la situazione risultava nuovamente
cambiata: il Po di Volano si era proteso verso mare di 7,5 km rispetto al
periodo etrusco-romano (Età del Ferro) e tutte le rotte dei vari rami deltizi
del fiume iniziarono a confluire nel Po Grande, detto anche Po di Venezia.
Le successive variazioni del percorso dei rami principali
furono dovute soprattutto alle rotte che si verificarono a seguito delle grandi
piene. Per la storia del territorio di Rosolina ha un significato particolare
la serie di rotte avvenute nel XII secolo presso Ficarolo (paese situato a
nord-ovest della città di Ferrara). Le acque del Po iniziarono infatti a
defluire nell’attuale alveo per sfociare nell’Adriatico presso Fornaci (nella
zona attualmente compresa tra il comune di Loreo e Porto Viro, nella provincia
di Rovigo).
Alla fine del Rinascimento la situazione risulta nuovamente
mutata, da momento che la foce era ora costituita da tre rami principali,
caratterizzanti il nuovo corso del Po: il Po di Tramontana, il Po di Levante e
il Po di Scirocco (Bondesan e Simeoni, 1983; Figura 9
Figura 9: La rete idrografica alla fine del
Rinascimento (Bondesan, 1990)
Nei secoli successivi i rami meridionali gradualmente si
estinsero. Di fronte, infatti, alla crescita dell’apporto sedimentario del Po
di Tramontana, che minacciava nel tardo Medioevo di provocare l’interrimento
delle bocche meridionali della laguna, i tecnici veneziani della Repubblica
della Serenissima decisero di realizzare tra il 1958 e il 1604 la deviazione,
denominata “Taglio di Porto Viro” dalla località presso la quale è stata
eseguita, verso sud est del tratto terminale del fiume.
Questo però fu solo il primo di tanti interventi idraulici
di deviazione o occlusione di rami del Po. Seguirono infatti, da parte dei
veneziani, interventi per ostacolare tutte le principali diramazioni rivolte a
nord, prodottesi dopo il Taglio di Porto Viro, per stabilizzare i rami rivolti
verso sud:
l’occlusione del Po di Tramontana (1612), il distaccamento
del tratto del Po ad est di Donada ed infine l’ostruzione parziale del Po di
Maistra (prima metà del XIX secolo) che fino al 1800 era il principale ramo del
Po.
Con il Taglio di Porto Viro iniziò così la formazione
dell’attuale delta con l’allungamento del Po e la formazione dei rami attuali
(Figura 10). Il Po di Tramontana, la cui foce era collocata in corrispondenza
dell’attuale Via Boccavecchia, a Rosolina Mare, gradualmente si interrò, e lo
scanno derivato dal deposito di sedimento del fiume si congiunse con la
terraferma, dando origine alla penisola di Caleri (Regione Veneto-Servizio
Forestale Regionale per le province di Padova e Rovigo).
Figura
10: Immagini storiche del Delta del Po prima e dopo il Taglio di Porto Viro
(Comune di Porto Viro)
Negli ultimi 100 anni il delta del Po è passato da una fase
in cui prevalevano fenomeni fluviali che portavano all’avanzamento, ad una fase
in cui prevalgono fenomeni marini che hanno portato all’arretramento con tassi
superiori a 10 metri all’anno (Cencici, 1998).
La portata del fiume Po a Pontelagoscuro, punto di chiusura
del suo bacino idrografico, dal 1807 al 2005 ha visto una lenta ma graduale
diminuzione, passando da circa 1600 m3/sec a 1400 m3/sec (Zanchettin et al.,
2008).
Attualmente il Po alimenta un delta che si protende a mare
per circa 25 Km, su un arco meridiano di circa 90 Km, occupando una superficie
di circa 400 km2, ed è bordato da un’ampia zona di prodelta sommerso, che si
protende verso il mare per circa 6 Km a settentrione e circa 10 km nell’area
centro-meridionale (Biondani, 2008). Sette rami principali costituiscono ora il
sistema deltizio: Po di Pila, Po di Maistra, Po di Tolle, Po di Gnocca, Po di
Goro, Po di Volano e Po di Levante.
Estratto dalla tesi di laura geol. Stefano Paganin
I testi condivisi da un lavoro comune dei due Parchi, quello
Veneto e quello dell’Emilia Romagna.
II Delta del Po è un territorio costruito, nel corso dei
millenni, dai sedimenti depositati dal nostro più grande fiume e ridistribuiti
dall'azione del mare e del vento. L'uomo, nel tempo, ha assunto nell’evoluzione
del Delta un ruolo sempre maggiore, fino a divenirne il protagonista quando,
quattro secoli fa, ha realizzato il taglio di Porto Viro, dal quale ha preso
origine il Delta Moderno. Oggi il suo compito è far riemergere, storia e natura
di questo territorio, divenendone il custode.
LE ANTICHE MURA, LE PORTE DELLA CITTA’, IL CASTELLO, LE
TORRI
La città di Rovigo pur non essendo compresa nel terrirorio della Riserva di Biosfera di recente riconoscimento da parte dell'UNESCO costituita dal Delta del Po, ha la medesima origine. Infatti
l’abitato di Rovigo è sorto in epoca antica in un territorio
acquitrinoso e paludoso protetto da un sistema di fosse che correvano parallele
all’esterno della città e compreso fra i due principali fiumi d'Italia nella parte finale del loro percorso.
La necessità di dotarsi di un sistema murario a
presidio del centro abitato, si ebbe già dal XII secolo, in quanto il
territorio fu oggetto di ripetute contese fra gli Estensi di Ferrara, gli
Scaligeri di Verona, i Carraresi di Padova e la Repubblica di Venezia. Nel
corso dei secoli il tracciato assunse la forma di un pentagono schiacciato. Dal
XVI secolo le fortificazioni persero progressivamente di importanza e, in molti
casi, vennero costruite abitazioni addossate all’interno o all’esterno delle
mura. Oggi rimangono poche tracce visibili di questo antico manufatto di epoca
medievale; quelle meglio conservate sono visibili alla fine di via Boscolo: si
tratta delle mura che chiudevano il lato meridionale della città.
«Nel Settecento, Rovigo era circondata da un’ampia cinta di
mura: cinque porte e un portello permettevano l'accesso alla città. Di queste
porte soltanto due rimasero, quella di Sant’Agostino e quella di San Bartolomeo
(o San Bortolo); le altre tre, cioè quella d'Arquà, quella di San Giovanni e
quella di San Francesco, furono demolite nell’Ottocento. Il portello (così
chiamato perché più piccolo delle altre porte) fu distrutto nel 1823. La porta
di San Bartolomeo (o San Bortolo), che prende il nome dalla chiesa extra moenia
di San Bartolomeo Apostolo, fu eretta tra il 1482 e il 1486, sotto il dogato di
Giovanni Mocenigo, in coincidenza con il passaggio della città al dominio della
Serenissima. Si tratta di una porta in cotto, a unico fornice, merlata e adorna
di stemmi nobiliari. Il relativo arco è sovrastato su entrambi i lati da una
cornice, secondo lo stile del Sansovino». http://guide.travelitalia.com/it/guide/rovigo/porta-san-bortolo/
LA TORRE PIGHIN
«Torre Pighin è l'unica torre di cinta rimasta a Rovigo.
Originariamente la torre, avendo funzione solo di difesa, era aperta verso
l'interno. Nel '700 è stata costruita al suo interno un'abitazione privata,
conferendo così al monumento un aspetto veramente particolare. Torre Pighin è
l'unica torre rimasta fra quelle che sorgevano lungo la cinta muraria di
Rovigo. La torre aveva una funzione principalmente di difesa della città: la
sua altezza altezza consentiva una maggiore comodità di avvistamento. La torre
in origine era aperta verso l'interno della città, perchè aveva una finalità
esclusivamente di difesa e non abitativa. Probabilmente al parte aperta era
provvista di alcuni piani in legno, collegati fra di loro da scale a pioli. A seguito
dell'evoluzione delle tecniche militari, la torre perse importanza e nel '700
fu trasformata in un'abitazione, aggiungendo la parete mancante. Nel corso
del'800 e del '900 la convivenza di un'abitazione privata all'interno di una
proprietà pubblica (la torre) rese spesso complicati gli interventi di
restauro. Solo alla fine del '900 Torre Pighin è stata ristrutturata ed ora si
può ammirare in tutta la sua particolarità».
«Intorno al 920 il Castello fu eretto dal vescovo di Adria,
Paolo Cattaneo. Esso rappresenta il reperto urbanistico più antico della città.
Ignoti sono il progettista e l’esecutore dell’opera; è invece certo che il
Castello accolse la sede vescovile ed ebbe funzione difensiva contro le
scorrerie degli Ungari. Si ritiene che, in origine, fosse una rudimentale
fortificazione, composta da una torre cinta da una palizzata. La struttura fu
poi modificata e ampliata, fino a diventare una vera e propria fortezza, cinta
da mura merlate e da un fossato e dotata di ben otto torri. Vi si accedeva
attraverso due ponti levatoi. Al centro della fortezza si elevava il mastio,
tuttora esistente, chiamato Torre Donà: alta più di sessanta metri, essa è una
delle maggiori torri medievali italiane. Nei pressi sorge la Torre Grimani,
chiamata “Torre mozza” perché parzialmente crollata. Entrambe le torri sono
pendenti. Simbolo della città, il Castello – che oggi prospetta su Piazza
Matteotti – fu sempre considerato proprietà comunale. Quando, nel 1482, Rovigo
si sottomise a Venezia, fu stabilito che la Serenissima dovesse mantenere,
riparare ed eventualmente rifare – a proprie spese – le mura e le fortezze. Nel
1598 il Consiglio Rodigino concesse al nobiluomo Niccolò Denudo – a titolo di
livello perpetuo – il Castello e le sue pertinenze, con l'obbligo di buona
conservazione. Nel 1771 i patrizi Donà iniziarono la demolizione della torre
col pretesto di pubblico pericolo, ma nella causa loro intentata dai cittadini,
ebbero torto. II successore dei Donà, conte Marco Grimani, nel 1836, demoliva
parte delle mura; ma la demolizione fu fermata dalle autorità». http://guide.travelitalia.com/it/guide/rovigo/castello-rovigo/
ALCUNE FOTOGRAFIE PRESENTI NEL VIDEO
Torre Grimani
Torre Grimani e Torre Donà vuste dal terrapieno interno al Castello
Porzione di mura di cinta del castello
L'interno della Porta di San Bortolo a sud della città
Porta San Bortolo
Torre Pighin - L'unica torre rimasta
Sia all'interno che all'esterno le mura sono state incorporate nelle abitazioni
Questa porzione visibile è nel retro di Via Luigi Boscolo
Porta Sant'Agostino - sia a destra che a sinistra le mura sono state sostituite o inglobate nelle abitazioni