UN “PO” DI STORIA DEL DELTA


PREMESSA
II Delta del Po è un territorio costruito, nel corso dei millenni, dai sedimenti depositati dal nostro più grande fiume e ridistribuiti dall'azione del mare e del vento. L'uomo, nel tempo, ha assunto nell’evoluzione del Delta un ruolo sempre maggiore, fino a divenirne il protagonista quando, quattro secoli fa, ha realizzato il taglio di Porto Viro, dal quale ha preso origine il Delta Moderno. Oggi il suo compito è far riemergere, storia e natura di questo territorio, divenendone il custode.
Il mito
Fin dall'antichità molti geografi e studiosi di mitologia hanno identificato nel Po il leggendario Eridano, il fiume che la dea Teti generò allo sposo Oceano. Si racconta che sulle sue sponde Eracle chiese alle ninfe la via per giungere al giardino delle Esperidi, dove crescevano alberi dai frutti d'oro. Lo risalirono gli Argonauti nel loro periglioso viaggio di ritorno dal trafugamento del Vello d'oro. La storia più bella e più nota, però, narra la tragica corsa attraverso la volta del cielo dello sfortunato Fetonte, figlio del Sole. Postosi alla guida del cocchio di fuoco, il giovane, un po' per avventatezza e un po' per imperizia, ben presto uscì dalla rotta tradizionale. Scendendo troppo in basso, incendiò le foreste e inaridì i fiumi, salendo troppo in alto, minacciò di avvampare il cielo. Già aveva preso fuoco la Via Lattea. Per evitare disastri peggiori, Giove colpì con il fulmine l'incauto auriga che cadde nell'Eridano, dove le sorelle, le Eliadi, lo piansero tanto che gli Dei impietositi le trasformarono in pioppi e le loro lacrime divennero ambra.
La colonizzazione della Bassa Pianura Padana
Nella Bassa Pianura Padana e nel Delta la natura è stata, per millenni, la protagonista. Nelle età del Bronzo e del Ferro il territorio era dominato da boschi e da zone umide. Sui fiumi, che mutavano frequentemente corso e costituivano le principali vie di comunicazione, si svilupparono gli insediamenti umani. I Romani operarono ampi disboscamenti per fare spazio all'agricoltura; costruirono inoltre porti attrezzati e grandi strade.
Dall'età del Bronzo alla prima età del Ferro
A partire dall'età del Bronzo nell'area deltizia padana sono testimoniati traffici e commerci tra l'Europa e il Mediterraneo. Ne è un esempio il complesso archeologico di Frattesina (XII-IX sec. a.C.), nei pressi di Fratta Polesine, costituito da un villaggio e da due vaste necropoli collocati lungo un grande ramo padano oggi scomparso, il "Po di Adria".
L'età del Ferro
In questo periodo si registrò il particolare splendore di due città governate dagli etruschi: Adria e Spina, importanti empori legati alle rotte mercantili greche. La bassa pianura del Po intersecava infatti la cosiddetta " via dell'ambra" che attraversava tutto il continente da nord a sud. Adria è definita dalle fonti "polis" (città) e da essa prende il nome il Mare Adriatico. Spina in parte la sostituì quando il Po di Adria entrò in crisi e il maggiore ramo del Po divenne l'Eridano dei Romani. Stava inoltre acquistando importanza Ravenna, città forse di origine umbra ma di etimo etrusco.

Da Roma a Bisanzio
I Romani bonificarono e coltivarono ampi spazi della pianura, estendendo le "centuriazioni" fino dove le condizioni ambientali lo consentivano (in Romagna, a nord dell'Adige e a nord-ovest di Adria). Altrove preferirono insediarsi lungo i fiumi: il maggior centro del Ferrarese fu Voghenza, sull'Eridano. Adria, dal I secolo a.C., assunse il ruolo di municipium Importante fu pure il luogo dell'attuale S. Basilio, porto marittimo alla foce di un ramo del Po. Fin dalle prime fasi dell'espansione romana la pianura era attraversata da importanti strade consolari, quali la litoranea via Popillia e la via Annia, databili alla seconda metà del II sec. a.C.. Di esse serba memoria la "Tabula Peutingeriana", la più antica " carta stradale" europea pervenutaci. Presso Ravenna Augusto fece costruire il porto di Classe per stanziarvi la flotta destinata alla difesa del Mediterraneo orientale. Ravenna dal V sec. d. C. divenne capitale dell'Impero romano d'occidente e città cardine dell'arte bizantina in Europa.
Il Delta del Po prima del Taglio
Prima del taglio di Porto Viro esistevano quattro delta del Po: - uno settentrionale, del Po detto delle Fornaci, i cui rami di foce principali erano il Po di Tramontana, il Po di Levante e il Po di Scirocco, nomi che derivavano dal loro orientamento rispetto ai venti;- uno più a sud, del Po di Ariano, con due rami di foce, il Po di Goro e il Po dell'Abate; - il delta del Po di Volano, a est di Pomposa; - il delta del Po di Primaro, a circa 10 km da Ravenna.
Il Medioevo
In età altomedievale si verificarono ripetuti cicli di piovosità che favorirono l'estendersi delle paludi. Le strade e gli insediamenti tornarono a svilupparsi quasi esclusivamente lungo i fiumi.
A nord fu fondata Venezia. La via Popillia fu sostituita dalla via Romea, passante per Pomposa, monastero benedettino e importante realtà politica e culturale del Delta. Alla notevole attività iniziale del Po di Volano e del Po di Primaro, alla cui biforcazione nasceva Ferrara, seguirono nel Basso Medioevo le fasi di sviluppo del nuovo corso originatosi a Ficarolo, che alla metà del XIV secolo assunse un ruolo dominante
Porti nel Delta
Nel Delta erano stati fondati, fin dall'antichità, vari porti fluviali e marittimi. Dal Medioevo al '600 gli approdi più importanti erano da sud verso nord: Cervia, Ravenna, Perétolo, Primaro, Magnavacca (Porto Garibaldi), Volano, Goro, Loreo, Fornaci, Fossone, Brondolo.
Porto Viro antico scalo nel Delta
Porto Viro, sulla sponda destra del Po delle Fornaci, era forse l'antico porto di Loreo.
Il termine Viro deriva dal latino "vetero", ossia vecchio (da vetus-veteris).
Venezia il Delta e l'Adriatico
Venezia e Ferrara si scontrarono più volte per il dominio del Polesine: nel ‘300, nel 1404, e tra il 1482 e il 1484 fu combattuta la cosidetta "guerra del sale". Venezia e Ferrara combatterono per il Polesine ancora tra il 1509 e il 1512. Dopo questa guerra Venezia estese il suo dominio anche sul territorio di Adria e in quasi tutta l'area del Po delle Fornaci, a Ferrara rimase parte dell'Isola di Ariano.
La Serenissima esercitava da secoli nell'Adriatico una giurisdizione esclusiva, vietando l'accesso alle navi da guerra e mercantili straniere non autorizzate e obbligandole a pagare un dazio. Per questo l'Adriatico era detto Golfo di Venezia.
La Battaglia di Polesella
Durante la guerra detta della "Lega di Cambrai", avvenuta tra il 1509 ed il 1512, Venezia combattè contro il papato, l'impero, i francesi e Ferrara. La guerra ebbe alterne vicende, Venezia perse e poi riacquistò i suoi territori di Terraferma. Durante questo conflitto si svolse, il 22 dicembre 1509, sul Po la battaglia di Polesella. Sempre in quell'anno l'esercito veneziano occupò Argenta e saccheggiò Comacchio.
Uno steccato come confine
Dopo le guerre del ‘500 Venezia controllava nel Delta l'area in destra del Po delle Fornaci, dove era l'abitato di Porto Viro. Ferrara riconosceva Porto Viro come parte del dominio veneto. Oltre le dune il confine si allargava verso la Sacca di Goro, che rimaneva nel territorio di Ferrara, mentre i veneziani controllavano l'area tra il Po di Tramontana e quello di Scirocco. Il confine era costituito da uno steccato di legno fatto costruire dalla famiglia ferrarese dei Pendasi, che nel Delta detenevano vasti possedimenti. Questo steccato, che cominciando da Porto Viro andava diritto al mare, costituiva la linea di confine tra i due stati.
La Grande Bonificazione Estense
Il duca di Ferrara Alfonso II fece bonificare, dal 1564 al 1580, i territori paludosi a est di Copparo, fra il Po Volano e il Po di Ariano. Furono scavati cinque canali principali; a Mesola tre di essi confluivano nel Po dell'Abate, appositamente distolto dal Po di Goro, e defluivano in mare attraverso la chiavica dell'Abate, costruita nel 1570. Un'altra chiavica fu costruita nel 1576 a Volano; distrutta dal mare fu ricostruita presso Pomposa e detta dell'Agrifoglio. La bonifica poté dirsi conclusa solo nel 1580. Quest'opera ebbe vita breve, il Taglio di Porto Viro, le mareggiate, il costipamento dei terreni, le numerose rotte del Po resero vani, in pochi decenni, gli sforzi compiuti.
La Sacca di Goro
L'antica Sacca di Goro era un'ampia insenatura che si estendeva a est delle dune di Contarina, a nord aveva come vertice la foce del Po di Scirocco e a sud la foce del Po di Goro. L'insenatura era ben riparata e profonda, atta all'approdo di vascelli di una certa stazza. Alfonso II avviò, mentre procedevano i lavori della Grande Bonificazione, il progetto di uno scalo fluviale e marittimo nella Sacca di Goro.
Mesola
Mesola, era un'isola del Delta compresa tra il Po di Goro, quello dell'Abate e il mare. Per volere di Alfonso II fu edificata, tutto intorno all'isola, una cortina muraria, e al suo interno eretto un palazzo. I lavori alla Mesola non sfuggirono alla Serenissima, preoccupata per la realizzazione di un possibile porto franco nella Sacca di Goro.
Dopo il taglio di Porto Viro e il successivo interramento della Sacca di Goro questo progetto fu abbandonato; Mesola decadde e fu poi ceduta dagli Este, dei quali era ancora proprietà, alla Santa Sede nel 1785, la famosa cortina muraria fu abbattuta nel 1830 ed il materiale utilizzato nella costruzione di altri edifici.
Primi progetti per il taglio di PortoViro
II primo progetto di un taglio del Po si trova in una relazione del 1556, fatta dagli ingegneri veneziani Cristoforo Sabbadino e Giovanni Carrara. Nel 1558 Giacomo Gastaldi, celebre cartografo, propose a Venezia di tagliare il Po a Porto Viro. Il progetto più complesso fu proposto nel 1562 al Senato Veneto da Marino Silvestri, ricco possidente di Loreo, e prevedeva lo scavo di un alveo nuovo. Il 17 novembre 1569 anche l'umanista adriese Luigi Groto chiese al Senato di effettuare il taglio.
La difesa della Laguna
Alla fine del '500 l'idrografìa del Delta cambiò; il ramo del Po di Tramontana divenne quello principale e la sua corrente portava i sedimenti del fiume nella Laguna minacciando di interrarla. Venezia incolpava di questo il duca d'Este, per aver distaccato dal Po il ramo dell'Abate. È ipotizzabile che, perdurando questa situazione, il Delta si sarebbe sviluppato in direzione nord-est, chiudendo nella Laguna la bocca di Chioggia e forse quella di Malamocco.
I personaggi e le trattative
II duca di Ferrara Alfonso II morì nel 1597 senza lasciare eredi diretti e l'anno successivo il territorio ferrarese fu incamerato dallo stato pontificio. Venezia intavolò trattative con il Papato per l'esecuzione del taglio. Dal marzo del 1599 al giugno del 1600 si svolsero visite al Delta e incontri tra veneziani e pontifici per definire il taglio. Il 10 maggio 1600 il cardinale Blandrata, emissario del pontefice, incontrò l'inviato veneziano Alvise Zorzi a Papozze e il 7 giugno fu concordato che i veneziani non potessero chiudere il Po delle Fornaci, che gli argini del taglio fossero costruiti robusti e che i lavori non sconfinassero. I termini della "Convenzione di Papozze" furono ratificati a Roma dal papa Clemente VIII e a Venezia dal doge Marino Grimani.
Il Taglio
II progetto consisteva in uno scavo lungo circa 7000 metri che, partendo dall'argine destro del Po delle Fornaci, si dirigeva a est, attraversava la valle Malipiera e poi il sistema dunoso. Passate le dune, il taglio si immetteva in un canale preesistente detto Gottolo Contarini. Lo scavo così volgeva a sud-est, con un'ansa a gomito, e terminava nella Sacca di Goro. Nel settembre del 1604 l'opera poteva dirsi completata. Il 16 settembre di quell'anno il provveditore Giacomo Zane comunicava a Venezia l'apertura del nuovo alveo.
L'ora del Taglio
II provveditore Giacomo Zane, nel suo dispaccio al Senato Veneto, scrive che il taglio era stato aperto alle ore 19. All'epoca il computo orario, detto all'italiana, partiva dal tramonto del giorno precedente, perciò, considerando che il sole a metà settembre tramonta tra le 18 e le 19, il taglio è stato aperto all'incirca tra le ore 13 e le 14 del 16 settembre.
La risposta pontificia: il contro-taglio di Santa Maria e il taglio "Donghi"
Nel settembre del 1600 la Santa Sede aveva tentato di ostacolare i lavori con un controtaglio detto di "Santa Maria", tra Papozze e Santa Maria in Punta, allo scopo di immettere la maggior parte delle acque del Po Grande nel ramo di Ariano, ma fu un insuccesso. Nel 1647 il cardinale Stefano Donghi, legato pontificio a Ferrara, fece attuare una rettifica all'incile del Po di Ariano. Questo lavoro, peraltro fallito, è detto taglio Donghi o cavo Contarini, perché eseguito sui beni di questa famiglia veneziana, proprietaria di terreni nella bonifica ferrarese.
Lavori continui
I lavori per la deviazione del Po non si esaurirono nel 1604, ma proseguirono per oltre cento anni. Nel 1612 fu chiuso il Po di Tramontana. Nel 1630 le acque del tratto terminale del "taglio" furono fatte defluire nel ramo della Donzella. Nel 1648 fu sbarrato il Po delle Fornaci. Alla fine del XVII secolo il ramo deltizio principale diventò quello del Po di Maistra. Nel 1721 fu osservato che il prolungamento del nuovo corso aveva causato l'innalzamento del letto del fiume, con pericolo di esondazioni. Nel 1725 una rotta nel Taglio, nell'ansa di Contarina, provocò una disastrosa inondazione.
L'incremento delle nuove terre
II taglio di Porto Viro cambiò radicalmente la geografia
del Delta; chilometri di nuove terre si sostituirono al mare e furono oggetto di una intensa opera
di colonizzazione. In circa 200 anni, dal 1604 alla fine della Repubblica di Venezia (1797), la foce del Po avanzò di circa 26 km. Intanto gli alvei del Po e degli altri fiumi, che a partire dal Medioevo erano stati muniti di argini, poi più volte rialzati, si innalzavano sempre più rispetto alle campagne adiacenti.
Insediamenti nel Delta: le comunità
Prima del taglio nel Delta veneto c'erano solo due comunità principali: Loreo e Mazzorno. Dopo il taglio la popolazione della zona aumentò grazie alle opportunità di lavoro offerte dalle nuove terre. Tra il 1665 e il 1680 furono fondate: Contarina (1665), Cà Cappello (1666), Rosolina (1670) e Donada (1680). Datano al 1684 le prime parrocchie sulle "alluvioni novissime": Villaregia e San Nicolò. Seguirono quella di Donzella (1698) e di Bagliona di Po (1707). Nel 1737 fu costruito l'oratorio di Gnocca e del 1739 quello di Cà Tiepolo, mentre è del 1740 la parrocchia di Tolle. Taglio di Po fu dotata di una chiesa agli inizi del '600. Le nuove comunità furono unite alla diocesi di Chioggia, della quale tuttora fanno parte. Venezia aggregò le terre e i paesi, che via via si formavano nel Delta, al suo territorio metropolitano.
"Onde de Mar": l'insediamento patrizio nel Delta
Dagli inizi del '500 Venezia aveva venduto nell'area deltizia beni delle comunità di Adria e Loreo a famiglie patrizie come i Grimani, Contarini e Malipiero. Erano messi in vendita, con contratti detti vendita di "onde de mar", anche quegli spazi di mare antistanti il litorale che si prevedeva si sarebbero in breve tempo trasformati in nuove terre. Dopo il taglio molte altre facoltose famiglie veneziane acquistarono beni nel Delta. La presenza della nobiltà veneta nel Delta è rimarcata, oltre che dalla toponomastica, dalle numerose ville fatte costruire durante il dominio della Serenissima.
Nuovo Delta nuovi conflitti
Anche il nuovo Delta fu area di scontri tra Venezia e Santa Sede, scontri nei quali intervennero poi anche austriaci e francesi.
Da questa lunga storia di controversie derivò la localizzazione sul Po di Goro del confine prima tra due stati, poi tra le regioni Veneto ed Emilia.
Le guerre del Seicento
Tra il 1640 ed il 1644 fu combattuta a "guerra di Castro" (feudo farnese nel Lazio), tra la Santa Sede e il ducato di Parma, con il quale si alleò Venezia. La guerra si svolse, per buona parte, nel Polesine e Ferrarese. Nel Delta l'esercito veneziano riuscì a conquistare il forte delle Bocchette, presso il Po di Goro, distrusse la torre dell'Abate, il porto di Goro e mise a sacco Codigoro. Nel settembre 1643 fu combattuta la battaglia di Pontelagoscuro. La pace del 1644 garantì i diritti di Venezia sulle nuove terre del Delta.
Settecento: un confine "ambulante"
Durante la guerra di successione spagnola (1700-1714), fra gli anni 1706 e 1708 le truppe imperiali occuparono il Ferrarese, rivendicato dall'imperatore asburgico Giuseppe I. Comacchio fu restituita alla Santa Sede nel 1725.
La disputa, tra Venezia e la Santa Sede, sui confini nel Delta si riaccese negli anni '30 e le parti costruirono delle fortificazioni lungo il Po di Ariano. Nel 1749 fu siglata a Venezia una convenzione che prevedeva che il confine tra i due stati attraversasse l'Isola di Ariano e fosse "ambulante", ossia dovesse procedere con l'avanzare delle terre, mantenendo sempre la stessa distanza dal Po di Goro.
Ottocento: la definizione dei confini
L'arrivo dei francesi nel 1796 cambiò di nuovo i confini: Rovigo fu attribuita a Padova (Dipartimento del Brenta), Adria a Venezia e il Delta a Ferrara. Nel 1801 passarono al Dipartimento del Basso Po i distretti di Ferrara, di Comacchio e di Rovigo (che comprendeva anche Loreo e Cavarzere). Nel 1805 con il Regno d'Italia fu istituito il cantone di Codigoro, che si estendeva anche a nord del Po di Goro, includendo i comuni di Ariano, Taglio di Po e San Nicolò (l'odierna Porto Tolle). Nel 1807 Adria fu aggregata al Dipartimento dell'Adriatico assieme a Loreo e Cavarzere.
Nel 1815, con il Regno Lombardo-Veneto, il confine tra Veneto ed Emilia fu portato nella posizione attuale, lungo il Po Grande e il Po di Goro.
Nel 1818 Adria tornò alla provincia di Rovigo, mentre Loreo e Ariano furono assegnate a Venezia. Solo nel 1853 i distretti di Ariano e Loreo e l'intero Delta furono riuniti alla provincia di Rovigo, che in questo modo assunse la sua definitiva conformazione geografica.
Il paesaggio del Delta tra Ottocento e Novecento
L'azione dell'uomo nel Delta, tra Ottocento e Novecento, ha inciso profondamente sull'ambiente.
È in questi secoli che, dopo il Taglio di Porto Viro, il territorio ha registrato i più importanti cambiamenti. Nel 1827 il Po di Maistra è stato parzialmente chiuso. Fra il 1840 e il 1872 il ramo deltizio principale è stato il Po delle Tolle, in seguito è divenuto più importante il Po della Pila. Cominciavano a prendere forma la nuova Sacca di Goro e la Sacca di Scardovari. Sono state prosciugate estese zone umide e gli antichi sistemi dunosi sono stati quasi del tutto spianati: tra le poche aree dunose superstiti le principali sono quelle delle Dune di Massenzatica, in provincia di Ferrara, e alcune tra Rosolina e Volto, nella provincia di Rovigo.
Il sale del Delta
Le coste dell'Alto Adriatico, dall'età romana fino agli inizi del '900, erano punteggiate di saline. Tra le più efficienti quelle di Cervia: già presenti nell'antichità, durante il Medioevo e nei secoli successivi furono tra le saline più importanti dell'Adriatico.
Al loro interno sorgeva la Cervia medievale, erede dell'antica Ficocle. Con la ristrutturazione delle saline della fine del XVII secolo, la città venne ricostruita sulla costa. La produzione di sale a Comacchio trovò molti ostacoli. Da prima Venezia, che non esitò nei secoli a distruggere più volte questa città e le sue saline; più tardi il monopolio del sale di Cervia. Nel 1810 i francesi costruirono il moderno stabilimento delle saline di Comacchio, rimasto in attività fino al 1984.
Antiche e nuove colture
II territorio del Delta ha offerto, nel tempo, varie tipologie di colture: da quelle di raccolta fino alle industriali.
Nelle aree vallive avveniva la raccolta della canna palustre e delle erbe.
La coltivazione del riso nel Polesine e Ferrarese risale alla fine del XV secolo, ma è dalla metà del '700 che diventa dominante nell'area del Delta per espandersi ulteriormente nell'Ottocento, producendo profondi cambiamenti nel paesaggio.
Declina nel Novecento a favore del mais e della barbabietola da zucchero, ma da alcuni decenni ha registrato un rilancio.
La coltivazione estensiva della barbabietola si è affermata nel Polesine e Ferrarese verso la fine dell'Ottocento con i primi zuccherifìci, ma dagli anni '70 del '900 è in crisi e sono stati chiusi quasi tutti gli stabilimenti.
Bonifica e latifondo
L'avvento delle macchine idrovore, dalla metà dell'Ottocento, ha impresso al territorio un radicale cambiamento; non più limitata dalle ridotte pendenze dei terreni e dei canali per lo scolo delle acque, la bonifica ha conquistato sempre nuove terre, a scapito del paesaggio.
La bonifica meccanica ha comportato l'intervento di enormi capitali, di conseguenza sulle terre bonificate si è affermato il latifondo. Ne è derivata una campagna caratterizzata da grandi spazi dalla geometria regolare, con lunghi canali e strade rettilinee, pochi alberi e una presenza abitativa assai ridotta. Le masse rurali inoltre sono state relegate da componente attiva del processo di produzione a semplici comparse di un lavoro stagionale: i braccianti.
"Mala aria" e "Malo cibo"
II Polesine e Ferrarese sono stati interessati nel passato da malattie endemiche quali la malaria, pellagra e tubercolosi, e nel Comacchiese una strana forma di lebbra. La malaria era diffusa da secoli nelle zone vallive e nell'area del Delta. Durante i lavori per il taglio di Porto Viro colpì molti lavoratori e tecnici, tra cui il provveditore al taglio Alvise Zorzi. È scomparsa solo dopo la seconda guerra mondiale, con l'uso massiccio e indiscriminato del DDT.
La pellagra era causata da una dieta mono alimentare legata al mais. Fenomeno raro fino all'Unità d'Italia, ebbe una forte diffusione dagli anni '70 dell'Ottocento, a causa dell'impoverimento della popolazione rurale; nel 1902 fu approvata una legge per la sua cura e prevenzione.
Dalle "Boje" all'emigrazione
Dalla seconda metà dell'Ottocento si registrò un generale peggioramento delle condizioni di vita della popolazione rurale. Questa era priva di istruzione, con un reddito precario, viveva in case malsane e le malattie erano assai diffuse. Nel 1869 fu introdotta la tassa sul macinato e nel 1882 abolito il vagantivo: il diritto di raccogliere erbe, di pescare e di coltivare le terre incolte. Questo favorì l'espansione della proprietà privata. Nel 1872 e 1879 il Ferrarese fu inondato dal Po e nel 1882 il Polesine fu devastato da una rotta dell'Adige. L'esasperazione favorì gli scioperi, anche violenti: il più importante fu "La Boje" nel giugno 1884. Al grido "La Boje! E de boto la va fora" (la pentola bolle e tra poco trabocca), la lotta si estese da Castelguglielmo a Loreo e dal 1885 al Mantovano. Intervenne l'esercito e in Polesine vi furono 220 arresti, 32 processi e 160 condanne. Tra il 1887 e il 1900 emigrarono dal Polesine circa 63.000 persone, il 30% della popolazione attiva.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale
Dopo la seconda guerra mondiale, nel Delta dominava ancora il latifondo e forti erano le tensioni sociali; lo Stato tentò di farvi fronte con una parziale Riforma Agraria. Effimera fu la locale risorsa metano, presto vanificata dalla subsidenza. L'esondazione del Po del 1951, anche se risparmiò il Delta, acuì lo squilibrio economico e sociale dell'area. La ricostruzione portò nuove iniziative, dapprima con capitale pubblico, poi privato. Negli anni sessanta fu realizzata la nuova Via Romea. Negli anni successivi, sull'onda del "miracolo economico" nazionale, si svilupparono i nuovi centri di turismo balneare, altre vie di comunicazione e altre attività, tra cui l'artigianato, nonché piccoli distretti industriali. A Ravenna si insediarono anche grandi industrie e nel Delta la centrale termoelettrica di Porto Tolle. Da circa 20 anni alla secolare attività di pesca in mare e in valle si è affiancata quella di allevamento dei molluschi.
Ente Delta Padano
Nel 1951 fu istituito l'Ente Delta Padano, con lo scopo di realizzare le nuove bonifiche, di frazionare parte del latifondo e introdurre al suo posto la piccola proprietà contadina a riscatto. Il territorio gestito dall'Ente interessava le province di Venezia, Rovigo, Ferrara e Ravenna. Furono realizzate varie opere: strade, scuole, chiese, ambulatori e bonifiche. La riforma non riuscì a sradicare la disoccupazione dalle campagne, anzi peggiorò la condizione dei braccianti e la protesta sfociò nel 1954 in un grande sciopero.
Per decine di migliaia di persone l'emigrazione fu l'unica soluzione: il fenomeno, più che alle inondazioni del Po (quella vastissima del 1951 o quelle del 1957, 1960 e 1966 che colpirono solo il Delta) era legato all situazione economica e sociale.
Allo stesso tempo molti degli assegnatari delle terre dell'Ente Delta finirono per vendere i loro poderi: si crearono così le premesse per la nascita di una nuova organizzazione fondiaria.
Le emergenze del Delta
II delta del Po è oggi caratterizzato da alcune importanti problematiche; alcune hanno origine naturale, altre sono state innescate o accelerate dall'azione dell'uomo. Le più importanti sono:
- la subsidenza artificiale, causata dal drenaggio forzato delle acque superficiali e dalla falda, connesso con le attività di bonifica ed agricoltura ma anche dallo sfruttamento di acquiferi più profondi, come nel caso dell'estrazione di acque metanifere da giacimenti quaternari effettuata fra il 1938 e il 1963;
- la riduzione del trasporto solido dei fiumi e la conseguente erosione delle spiagge. Già alla fine degli anni '40 il delta del Po aveva smesso di crescere.
Questi fenomeni hanno anche determinato, negli ultimi anni, l'innalzamento delle acque salmastre nelle falde acquifere e una maggior risalita del cuneo salino lungo i fiumi.
I parchi del Delta del Po
Due sono i parchi del Delta del Po, uno in Emilia-Romagna, l'altro in Veneto.
II Parco emiliano-romagnolo è stato istituito nel 1988 ed è gestito, dal 1996, dal Consorzio del Parco Regionale del Delta del Po Emilia- Romagna, formato dalle province di Ferrara e Ravenna con i comuni di Alfonsine, Argenta, Cervia, Codigoro, Comacchio, Goro, Mesola, Ostellato e Ravenna. Il Parco Regionale Veneto Delta del Po è stato istituito dalla Regione Veneto nel 1997, si estende in provincia di Rovigo, comprende il territorio tra il fiume Adige e il Po di Goro, con i comuni di Ariano nel Polesine, Porto Tolle, Porto Viro, Rosolina, Taglio di Po, Adria, Corbola, Loreo e Papozze. Le aree interessate da entrambi i Parchi oggi comprendono le zone di valenza naturalistica inserite nella cosiddetta "Rete Natura 2000" comunitaria.
I Parchi hanno cercato di orientare in modo sostanziale scelte territoriali e programmi, favorendo la salvaguardia delle realtà esistenti e ne hanno consentito lo sviluppo.
Il valore delle zone umide
II territorio del Delta è ricco di preziose realtà naturalistiche: alvei, isole e foci fluviali, golene, scanni, meandri abbandonati, spiagge, lagune, barene, specchi d'acqua salmastra, paludi dolci, dune fossili, paleoalvei, boschi, pinete, flora pregiata, importanti presenze faunistiche. Sono inoltre presenti testimonianze della storia dell'uomo, come zone archeologiche, città, paesi, chiese, castelli, ville patrizie, ponti, edifici rurali, strutture della bonifica, saline e canali navigabili. Si tratta di realtà di valore sopranazionale e solo da qualche anno questo riconoscimento si è concretizzato.
I Parchi come laboratori
I Parchi del Delta non sono dei recinti entro i quali tutto è immutabile, sono delle realtà ben più complesse e importanti, che si estendono in un'area estremamente delicata dal punto di vista fisico ed economico.
I problemi fisici sembrano infatti destinati ad accentuarsi, anche a causa dei previsti cambiamenti del clima a livello planetario; una prospettiva che rende necessario organizzare la gestione territoriale in modo più rispettoso dei processi naturali e dei mutamenti in atto.
E' d'altronde indispensabile non sacrificare lo sviluppo economico di quest'area. I Parchi hanno perciò avuto e avranno il difficile compito di coniugare con queste esigenze gli obiettivi di protezione, recupero e valorizzazione di un complesso di oggetti e ambienti irripetibili, migliorando sensibilmente anche la loro fruibilità. I risultati finora sono stati notevoli, grazie anche a contributi della Comunità Europea, e non meno ambiziosi sono i progetti per il futuro. Dai Parchi del Delta dovrebbero essere esportate le nuove esperienze ed i nuovi indirizzi gestionali per mettere a punto un modello di sviluppo valido anche al di fuori di essi.
La Didattica laboratoriale
La didattica laboratoriale è la modalità che considera l'apprendimento come rielaborazione personale e consapevole di conoscenze e abilità che, fatte proprie dal ragazzo che apprende, le riutilizza in modo autonomo in situazioni nuove e motivanti.
I Laboratori
Sono un'occasione per scoprire l'unità e la complessità del reale, un momento significativo di relazione interpersonale, di collaborazione, un itinerario di lavoro che favorisce lo sviluppo corporeo e mentale, emotivo e razionale, diventando scenario di azione riflessa e di ricerca.
Situazioni di apprendimento in cui si integrano efficacemente le conoscenze e le abilità, gli aspetti cognitivi e socio-emotivi-affettivi, la progettualità e l'operatività. Situazioni in cui si sperimentano le conoscenze, valorizzando le attitudini personali.
Una finestra sul Territorio
Il progetto, di durata triennale, ha avuto lo scopo di mettere in evidenza il valore delle fonti e le tracce presenti nel territorio nella ricostruzione storica, nonché la trasversalità della disciplina nel processo di costruzione della propria identità personale.
La ricerca si è concretata con l'attivazione di laboratori didattici all'interno di percorsi mirati. I laboratori sono diventati passaggio fondamentale per un'azione educativa finalizzata alla crescita e alla valorizzazione della persona in tutte le sue dimensioni
Dall'orazione al taglio nuovo
Luigi Groto detto il cieco d'Adria
Luigi Groto nacque ad Adria il 7 settembre 1541 da Federico notaio e da Maria Rivieri.
A otto giorni dalla nascita, come lui stesso racconta, perse la vista. All'età di tre anni perse il padre e fu educato da precettori che lo indirizzarono allo studio delle lingue classiche.
Fu un fanciullo prodigio e nel 1556 fu inviato a Venezia a rappresentare in una solenne occasione la città di Adria davanti alla regina di Polonia.
Nel 1569 pronunciò davanti al doge Loredan un'orazione per sollecitare l'attuazione del Taglio di Porto Viro.
Scrisse tragedie, commedie, favole pastorali e rime per madrigali. La sua originalità si espresse nella tragedia Hadriana che William Shakespeare ebbe modo di leggere prima di comporre il suo Romeo e Giulietta.
Morì a Venezia il 13 dicembre 1585 e il suo corpo fu tumulato nella Cattedrale di Adria.
L'orazione sopra il taglio
Il 17 novembre 1569, Luigi Groto pronunciò davanti al Senato veneto la famosa orazione per sostenere il taglio di Porto Viro: Stando così le cose, l'acque sostenute contrastano le docce e le campagne rimangono accidiose. Così il verno non è ordine di seminare e la state non è speranza di raccogliere; l'acque riempiono i campi già divenuti laghi e le case già divenute cisterne... Hadria e Loredo non vi scorgete altro intorno che ampio mare... Se ne partono le biade e i legumi, le viti e i salici, i greggi e gli armenti, le case e i padroni, le chiese, gli altari e le madri co' figli al seno...
Il rimedio
Cotal infermità non si possa con altro rimedio risanare, che non dare un salasso al Po di sopra alla Fuossa a man dritta dell'ingiù della vena nominata Porto Viro, fra i confini di Vostra Serenità e far che per quel taglio sbocchi nel mare: perciochè poter schifarsi i due danni mentovati sopra dell'inondazioni e delle alterazioni.
Architettura del Basso Polesine
Porto Tolle: corti e case padronali
Ca' Farsetti
(Proprietà Barbiero)
Il complesso è situato a poca distanza dal ponte sul Po che collega l'isola della Donzella con la terraferma, località Molo. E' stato edificato nella seconda metà del 1600 da Antonio Francesco Farsetti, ma presenta caratteristiche architettoniche che fanno datare una sua radicale trasformazione all'inizio del 1900.
La struttura è costituita dalla casa padronale, affiancata ad est da una casa colonica e ad ovest da un rustico e da un piccolo oratorio costruito in data successiva, durante i lavori di ristrutturazione. L'area adiacente gli edifici è quasi interamente occupata da un'aia lastricata in cemento.
Palazzo Camerini
(Proprietà Veneto Agricoltura)
Il complesso è situato in località Polesine Camerini ed è stato edificato dal duca Luigi Camerini alla fine del 1800.
E' composto dall'imponente abitazione centrale, orientata a sud, dalla quale si allungano le due ali laterali delle barchesse, adibite a granai, cantine e depositi e da alcuni rustici contigui ai lati delle barchesse, utilizzati ad abitazione per i salariati ed a magazzini.
La corte comprende una grandissima aia pavimentata in cotto. Allo stato attuale il complesso si presenta in stato di degrado.
Tenuta Ca' Dolfin
(Proprietà Arduini)
Il complesso edificato dai conti Dolfin è situato in prossimità del Po di Tolle in località Ca' Dolfin. La costruzione della casa padronale risale alla prima metà del Settecento; considerando che i terreni circostanti furono bonificati solo alla fine dell'ottocento, si ipotizza che la famiglia utilizzasse l'edificio come "casone" di valle ed è probabile che esso possedesse un'area attrezzata a "cavana" (ricovero natanti).
Il complesso è costituito dalla casa padronale, orientata in senso est-ovest e da un rustico posto ad ovest della casa. La corte è in parte occupata da un'area lastricata in cemento. L'edificio è stato sottoposto a lavori di ristrutturazione, nella prima metà dell'ottocento e negli anni '50, che hanno comportato la trasformazione e l'ampliamento della casa.
Palazzo Zulian
(Proprietà S.p.A.)
Il complesso è situato in un'area agricola in prossimità del Po di Tolle, in località Ca' Zuliani, ed è stato edificato nella seconda metà del 1700 dalla famiglia Zulian.
È costituito dalla casa padronale e da altri edifici, posti a est e a nord della costruzione.
Porto Tolle: le prime parrocchie dopo il Taglio
La Parrocchia di Ca' Venier
(San Nicolò vescovo)
Il Toponimo
Deriva dal nome della famiglia veneziana Venier che era proprietaria del fondo.
Cenni Storici
Ca' Venier, dopo il Taglio di Porto Viro, divenne proprietà della nobile famiglia Venier. Inizialmente gli abitanti dipendevano dalla parrocchia di Contarina.
La Parrocchia
Il vescovo di Chioggia, il 5 febbraio 1684, con suo decreto smembrava il territorio di Ca' Venier dalla parrocchia di Contarina e costituiva la nuova parrocchia intitolando la chiesa edificata a San Nicolò da Bari. La primitiva chiesa fu benedetta il 16 dicembre 1696. L'edificio fu poi distrutto dalla piena del Po del 1839.
Il 15 dicembre 1852 fu benedetta la nuova chiesa e nel 1860 fu costruito il campanile. Nella chiesa furono tumulate le spoglie di Ciceruacchio (Angelo Brunetti) e dei suoi compagni dopo che, per alcuni anni, erano state sepolte nella golena dove erano stati fucilati. Resta, comunque, la più antica chiesa della zona.
La Parrocchia di Donzella
(Madonna del Carmine)
Il Toponimo
La località dista due chilometri dal centro di Porto Tolle. Secondo la leggenda il termine donzella deriva dalla condizione di nubile della figlia del nobile veneziano Francesco Farsetti, che annegò in quel ramo del Po.
Cenni Storici
Francesco Farsetti costruì in località Molo un palazzo con una piccola cappella privata. Nel 1696 i figli fecero costruire in località Donzella una chiesa consacrata alla Madonna del Carmine.
La Parrocchia
Il vescovo Antonio Grassi il 14 febbraio 1698, con decreto, eresse a parrocchia la Donzella o Ca' Farsetti, staccandola da quella di Ca' Venier. Nel 1884 fu eretto il campanile. La chiesa in stile veneziano, con il battistero dichiarato monumento nazionale, fu abbandonata nel 1956 poiché pericolante a causa dell'erosione delle acque golenali del Po di Gnocca.
La Parrocchia di Tolle
(Beata Vergine del Rosario)
Il Toponimo
Il nome probabilmente deriva da un piccolo porto dove risiedevano alcune famiglie di pescatori che abitavano in case di legno. La traduzione dialettale del vocabolo legno, infatti, è tola, da cui Tolle. La località è situata presso l'omonimo ramo del Po.
Cenni Storici
Verso la metà del ‘700 il N.H. Girolamo Correr acquistò un appezzamento di terra in corrispondenza del luogo in cui poi sorse la chiesa. Il territorio dista sette chilometri da Porto Tolle.
La Parrocchia
Con decreto 28 aprile 1740 il vescovo Benzoni staccò da Ca' Venier la parrocchia di Tolle. La chiesa fu eretta grazie ai fondi che a quel tempo il Senato veneto elargiva per la costruzione di chiese e abitazioni per le popolazioni. Nella chiesa si venera una statua di marmo della Madonna del Rosario che, secondo la tradizione, fu trasportata via acqua su una zattera dai proprietari del fondo.
La Parrocchia di Gnocca
(Sant'Andrea Apostolo)
Il Toponimo
Deriva dal ramo del Po di Gnocca.
Cenni Storici
La chiesa fu edificata dal N.H. Tomè Mocenigo Soranzo, proprietario del fondo che dista dieci chilometri da Porto Tolle.
Sorse inizialmente come oratorio e venne inaugurata e benedetta nel 1737 e costituita curazia (succursale) dipendente dalla parrocchia di Donzella.
La Parrocchia
In seguito all'alluvione del 1966, diminuendo sempre più la popolazione, si decise di chiudere la chiesa l'8 settembre 1968.
Nel 1978 l'edificio e l'annesso campanile furono abbattuti poiché inagibili e pericolanti.
Quasi tutti gli arredi e gli oggetti sacri presenti nella chiesa sono andati perduti, compresa una tela del ‘700 raffigurante Sant'Andrea Apostolo, attribuita al Tiepolo.
La Coltura del Riso nel Delta
Un po' di storia
Il riso ha, forse, la sua origine in India e in Indocina, ma con il passare del tempo si è diffuso in tutto il mondo. In Italia è stato introdotto dagli Arabi in Sicilia.
La sua coltura cominciò nel 1400 in Piemonte e in Lombardia grazie al Duca di Milano Gian Galeazzo Sforza. Il Duca capì che nelle sue umide campagne il riso sarebbe cresciuto bene. Lo fece coltivare dai suoi contadini e vide che, da un solo sacco di semi se ne potevano ottenere almeno dodici.
Sforza regalò un sacco di semi di riso al Duca di Ferrara.
Così ebbe inizio la coltivazione nel Delta del riso.

Lentamente questo cereale si diffuse in tutta la Bassa ferrarese proprio vicino al Delta del fiume Po.
Verso il 1700 alcuni nobili veneziani: i Contarini, i Farsetti, i Venier avviarono nei territori appena bonificati del Polesine la coltura del riso.
La pianta del riso
Il riso non è una pianta acquatica, ma viene coltivato nell'acqua perchè soffre moltissimo per gli sbalzi di temperatura.
Questo cereale ha il fusto eretto e le radici fascicolate.
Dalle radici si dipartono steli dritti chiamati culmi. Le foglie sono lanceolate e l'infiorescenza è una pannocchia o panicolo, costituita da un racchide ramificato portante spighette uniflore. Il fiore è racchiuso da piccole glume e da glumelle molto sviluppate, di diverso colore a seconda delle varietà, che rimangono attacate alla cariosside vestita, detta risone.
Le Saline: Ambiente e Lavoro
Comacchio: flora e avifauna
L'ambiente
L'area delle Saline di Comacchio (superficie di circa 510 ettari) è un bacino infradunale nel quale sono individuabili tracce di diramazioni deltizie del Po risalenti all'epoca romana.
L'area comacchiese è segnalata come fornitrice di sale fin da tempi assai remoti per tutta la Padania. Anticamente i bacini erano alimentati dall'apporto idraulico della marea e le quote positive dei fondali ne permettevano l'evaporazione; oggi che i bacini sono a quote inferiori al livello del mare l'acqua viene presa dal canale Logonovo.
La produzione del sale è stata interrotta nel 1984 e attualmente le Saline di Comacchio sono gestite a fini esclusivamente naturalistici. Le saline sono comprese nel territorio del Parco Regionale del Delta del Po.

La flora
Presenta comunità vegetali specializzate a sopportare elevate concentrazioni di sale. Nelle acque aperte dei bacini a bassa profondità la vegetazione è assente, si può avere un grande sviluppo di alghe unicellulari (CLOROFICEE come DUNALIELLA e CIANOFICEE come CHROOCOCCUS). Sui fondali limosi lungamente inondati si insedia una comunità di alofite annuali pregiate dal punto di vista naturalistico denominata SALICORNIA. Ai bordi delle zone meno inondate si insedia una vegetazione alofita perenne la ARTHROCNEMUM FRUTICOSUM. In periodi estivi di maggiore aridità si insedia una vegetazione alofita anch'essa perenne denominata ARTHROCNEMUM GLAUCUM a cui si aggiungono poche altre specie. L'alto contenuto di sali favorisce l'affermazione della subassociazione ad HALOCNEMUM STROBILACEUM.
L'avifauna
Presente come svernante, nidificatrice e migratrice rende il complesso di valle Bertuzzi uno degli ambienti umidi più importanti d'Italia ed è stato inserito nelle zone RAMSAR.
La presenza di bacini di diversa profondità determina un'altissima diversità avifaunistica.
Le zone di acqua bassa sono frequentate da CARADRIFORMI , ALZAVOLE, VOLPOCHE, FENICOTTERI, le zone di acque alte, in particolare la Valle Uccelliera, sono frequentate da ANATIDI e FOLAGHE.
Nelle Saline di Comacchio svernano regolarmente decine di specie: GERMANO REALE, FISCHIONE, ALZAVOLA, VOLPOCA, FOLAGA, GABBIANO REALE, GABBIANO
COMUNE, AVOCETTA, GAMBECCHIO, PIOVANELLO PANCIANERA. Importanti a livello nazionale sono le colonie di AVOCETTA, CAVALIERE D'ITALIA, PETTEGOLA, FRATINO, STERNA COMUNE, BECCAPESCI, GABBIANO CORALLINO, GABBIANO COMUNE, GABBIANO REALE, STERNA DI RUPPEL, GABBIANO ROSEO.
Cervia:
Sale dolce sale amaro
Le origini delle saline di Cervia risalgono all'antichità, e sicuramente ai tempi dei Romani la produzione del sale era florida e fonte di ricchi commerci, che si snodavano lungo le vie Emilia e Romea.
Il sale di Cervia è un sale particolare perché "dolce", in quanto manca di magnesio e potassio, due elementi amari che sia per le condizioni climatiche che per il procedimento estrattivo compaiono in percentuali minime nella composizione del giacimento cervese.
La raccolta del sale infatti avviene secondo l'antico sistema arginale della raccolta multipla, un sistema adatto alle particolari condizioni climatiche dell'Adriatico. La raccolta veniva effettuata quotidianamente, ogni salinaro divideva il proprio bacino di raccolta, l'ultimo, dopo diversi passaggi in vasche di evaporazione, in 5 piccoli settori. Ogni giorno veniva raccolto il contenuto di un settore in ciclo continuo e in 5 giorni veniva esaurito tutto il sale. Questo impediva la formazione di sali "amari", che invece richiedono più tempo per cristallizzare.
I bambini, in occasione di una visita alla antica salina Camillona, ultimo esempio di conduzione artigianale a raccolta multipla hanno parlato con i vecchi salinari e hanno guardato i loro attrezzi tradizionali, costruiti con il legno e fatti a mano. Li hanno poi riprodotti in piccoli modellini con gli stecchini.
Il territorio emiliano-romagnolo
Comacchio: Un tesoro da non perdere
La storia di Comacchio è legata all'evoluzione morfologica ed idrografica del territorio ed al progressivo avanzamento della linea costiera, dovuto agli apporti alluvionali del Po: questi fattori hanno profondamente influenzato la connotazione di quest'area.
I primi insediamenti risalgono al VI secolo a. C. quando vi si stabilì una popolazione etrusca, fondando la città di Spina. Dopo il declino di Spina, nel III secolo a.C., non ci sono testimonianze di abitati, fino all'età tardo romana, alla quale risalgono alcune ville i cui resti furono scoperti in seguito alla bonifica delle valli. Recentemente è stata rinvenuta in Valle Ponti un'imbarcazione romana con tutto il carico a bordo, alla quale è stato dato il nome "Fortuna Maris".
In seguito alla caduta dell'Impero Romano d'Occidente, il territorio comacchiese entrò a far parte dell'Esarcato di Ravenna e poi del Regno Longobardo. Se si fa riferimento ai primi insediamenti, il toponimo potrebbe derivare dal greco "Kuma" = onda, attestato nella voce altomedioevale "cumaculum" = piccola onda, ma un'altra interpretazione lo riconduce a "commeatulus" = raduno di navi.
Sconfitti e cacciati i Longobardi, Carlo Magno donò la città lagunare alla Chiesa. L'importanza strategica di Comacchio nella produzione e commercio del sale, fece scoppiare nel 866 la guerra contro Venezia che durò per secoli.
Divenne, poi, libero Comune, e nel 1325 fece atto di dedizione ai Duchi d'Este, che da quel momento governarono e gestirono i profitti delle valli. Alla fine della signoria estense, nel 1598, Comacchio fece parte dello Stato Pontificio, fino all’unità d’Italia.
L'uomo e l'acqua
Le classi quinte della scuola elementare di Argenta hanno studiato l'evoluzione storicogeografica e scientifica del loro territorio, per cercare di scoprire, capire e conoscere la morfologia dell'ambiente, la vita vegetale e animale e gli interventi dell'uomo che si sono succeduti nel tempo.
La pianura infatti è stata creata dalle alluvioni del Po e dei fiumi appenninici che hanno depositato sabbia e limo. La pianura, col passare dei secoli si è coperta di vegetazione.
L'uomo ha disboscato per costruire e coltivare. E' iniziata la secolare sfida contro gli elementi naturali: l'uomo separa la terra dalle acque.
Opere di bonifica degli Estensi: la bonifica per colmata (disegno), per scolo naturale (disegno), per scolo meccanico: le Porte Vinciane (disegno e fotografia della Torre dell'Abate).
Nonostante i molti sforzi operati dall'uomo per arginare i fiumi, spesso avvennero inondazioni.

Le grandi bonifiche del ‘900 comportarono la costruzione di una innumerevole quantità di manufatti e chiaviche ed il movimento di circa 12 milioni di mc di terra per la costruzione di 858 Km di canali.
Il territorio venne suddiviso in "terreni alti" a scolo naturale e "terreni bassi" a scolo meccanico con idrovore azionate da motori elettrici.
Saiarino (foto), è stato il primo grande impianto idrovoro, con 6 pompe che sollevano le acque della pianura per immetterle nel Reno o per "parcheggiarle" in grandi casse di espansione quando il fiume, in piena, non è in grado di riceverle ( disegno delle "casse" di Campotto, Vallesanta e Bassarone).
Il boscone della Mesola e di Santa Giustina
In passato nel territorio deltizio esistevano ampie distese di boschi; in seguito buona parte di queste foreste furono distrutte per l'utilizzo di legname. Nel Basso Ferrarese esistono attualmente alcuni relitti di questi antichi boschi: il Gran Bosco della Mesola o "Boscone" (1.058 ettari) e l'esiguo Bosco di S. Giustina o della Fasanara (circa 101 ettari).
Questi boschi si formarono presumibilmente nell'alto medioevo sui cordoni dunosi formati dal Po di Goro e dal Po di Volano presso la foce. In epoca Estense essi facevano parte di un'unica foresta ricchissima di selvaggina (caprioli, cervi, cinghiali e fagiani) che si estendeva dal mare sino al Castello della Mesola. Il Boscone della Mesola e il Bosco di S. Giustina si sono sviluppati sulla stessa struttura geomofologica e presentano identiche comunità vegetali. Il Boscone è demaniale mentre quello di S. Giustina è di proprietà della Regione Emilia Romagna. Sono entrambi gestiti dal corpo forestale dello Stato. I boschi sono insediati su cordoni litoranei, formati dopo il XII secolo in seguito all'avanzamento della linea costiera, e rappresentano il residuo di un grosso complesso di foreste litoranee che nel Medioevo si stendevano fino alla foce del Tagliamento.

Si veda anche WIKIPEDIA: